Recensione: Gomorra

Gomorra è un film di Matteo Garrone del 2008, con Toni Servillo, Gianfelice Imparato, Maria Nazionale, Salvatore Cantalupo e Giggio Morra.

Pare sia la realtà a farsi cinema, attraverso un’enorme consapevolezza del linguaggio cinematografico da parte del regista e della fotografia in particolare. Per comprendere la pellicola, si potrebbe partire da alcuni tratti che assimilano il film ai trascorsi neorealisti della cinematografia italiana, mutatis mutandis. Ad esempio, gli attori — eccezion fatta per Toni Servillo — non sono noti ma estremamente espressivi e alcuni tra loro sono ragazzini o bambini; inoltre i movimenti della macchina da presa sono decisi, a seguire le persone, i protagonisti sono immersi nel sistema della camorra, e spesso siamo in presenza di lunghi piani sequenza. La scelta stilistica è coraggiosa: la macchina da presa vuole indagare il fenomeno senza preconcetto e lo spazio per la narrazione è ridotto al minimo, pur non trattandosi affatto di un documentario. L’occhio di Garrone, come in altre sue opere, è capace di indagare da vicino le realtà più purulente della società, di porgerle senza moralismi, né buonismi. L’occhio è portato così a cogliere l’alterazione di una realtà vissuta come “normale” dai suoi attori. In questo non c’è giudizio, solo presa di coscienza, il passo successivo spetta a noi, a chi guarda, come per i capolavori neorealisti.

Ciò che colpisce è l’assenza di una macrostoria: siamo in presenza infatti di 5 finestre, ovvero di 5 microstorie che ci inghiottono in una violenza senza particolari spiegazioni. La pellicola sembra dirci: “E’ così e basta”. Anche se una riflessione profonda sorge nel momento in cui troviamo Roberto, giovane laureato costretto a lavorare per il riciclo illegale di rifiuti, perché la famiglia non ha altre conoscenze… L’Italia paga così il pegno di un clientelismo diffuso e cieco.

Interessante la scena iniziale, meta-cinematografica, in cui i malavitosi si abbronzano dentro a delle lampade a raggi ultravioletti. Sembra di trovarsi in un’astronave, i rumori esasperati, i colori fluorescenti, a dirci che stiamo partendo per un viaggio in una realtà alterata, che scopriremo poi essere di radicale, inesorabile violenza. I protagonisti non risultano particolarmente caratterizzati, perchè forse non importa chi tu sia: qualora tu nasca all’interno di un circuito della camorra sarai inevitabilmente risucchiato, essa avrà una forza centripeta, a prescindere dalla tua impronta personale e ciò rimanda a un’estrema tristezza. Vi è un livellamento tendente al basso, che porta tutti in un gorgo senza uscita.

Il disfacimento morale si traduce in decadimento architettonico: interessanti le panoramiche sui palazzi sede o bersaglio della malavita; struggente la scena di Totò, bambino, che aiuta a mettere in atto l’agguato alla signora a cui di consueto porta la spesa. Totò ha provato a dire: “vediamo”, a denotare che la sua “disponibilità al crimine” non fosse scontata, data anche la tenera età che in teoria potrebbe essere quella della purezza degli ideali. Pur tuttavia lo ritroviamo al posto dell’aiutante criminale, ove chi abbia un occhio sano non potrebbe mai aspettarselo. Siamo in presenza di un realismo esasperato, che traduce in opera cinematografica la possente opera letteraria di Roberto Saviano, con un linguaggio proprio, magistralmente padroneggiato. Non siamo in presenza di una pellicola piacevole da vedere, sia perché non si intravede opportunità di riscatto, sia perché non vi è una storia come ne “Il padrino” ad esempio, pur essendo un gangster movie infatti siamo di fronte a persone “normali” che delinquono ma che non si pongono nemmeno il problema di potere optare per un altro tipo di scelta, più etica. E’ come se ignorassero l’esistenza di un’altra prospettiva, tranne che nel caso di Roberto, il giovane ingegnere, cui però viene fatto notare che smaltendo illegalmente i rifiuti delle aziende stavano risolvendo problemi creati da altri. Non esiste in questa affermazione lo spazio per alcuna cernita: se la colpa è degli altri, del sistema camorristico o dello Stato, siamo autorizzati a fare tutto, per difenderci… Troppo semplice sarebbe argomentare, Matteo Garrone ci invita a guardare… A stare con i suoi personaggi, così come sono, senza lati positivi né scusanti.

Pubblicato anche su Medium: https://medium.com/@gavinamasala/recensione-gomorra-30807d506802

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